Corre l’anno 2023, e mi ritrovo Brescia capitale della cultura. Mi sono imbattuto nel programma, negli eventi che si stanno preparando, nel gran lavoro che sta coinvolgendo tutta la città. Tutto estremamente positivo, tutto mi ricorda i gran galà settecenteschi organizzati nei palazzi più blasonati, con tanti camerieri che si adoperano per abbellire, con grandi chef per preparare i migliori cibi, posate in argento per i tavoli dei nobili, invitati d’eccellenza, abiti ricchi di pizzi e merletti, e rinomata orchestra barocca. Tutto pronto, i servi minori stanno finendo le pulizie e spazzano la polvere sotto i grandi tappeti persiani.
Da questo gran galà uscirà solo il bello della città, la polvere sarà ben nascosta. Io conosco principalmente la polvere di questa gran festa, grazie a tutti quelli che me l’hanno descritta nella sua crudità, quelli che mi hanno fatto vivere la Brescia in diversa prospettiva. Come diceva il Maniac: “Brescia è sposa, Brescia è troia, Brescia ha i soldi, Brescia è ladra”, nel brano: “Le strade di Brescia”, uno dei primi testi rap dedicati alla città(1998), brani iconici rimangono anche “Sotto il cielo di Bs” degli Equipo Family sintesi malinconica e sofferta della parte oscura della city, e rimane indelebile il ricordo commosso di una giornata particolare, che cambiò la storia di piazza Loggia raccontata dai Monkey Combos in “10.12”. Slava già dal titolo racchiude la sintesi di come parla Brescia: “Pota, figa, alura anculet”, la capitale dei migliori kebabbari tradotta in trap. Il Dellino invece descrive da sempre la Brescia rurale, la sua cultura originaria, i suoi sapori e la sua terra martoriata usando il dialetto come lingua madre. L’ultimo brano che mi passa per la testa è la posse track del Made in Brescia 10 con la rappresentanza di una quindicina di rapper bresciani che ci raccontano la loro capitale in 13 minuti di rime. Ce ne saranno altre decine di brani sulla leonessa, dove possiamo trovare la polvere di questa culla di cemento, raccontata da chi è cresciuto nella Cultura Hip hop. Da sempre il rap ha descritto la città, i luoghi, la storia e la società reale. Questa società che è parte della cultura cittadina, tutto ci riguarda, non esiste solo il bello, esiste soprattutto un presente non sempre facile da descrivere. Non esiste ” L’inno rap di Brescia” come ho letto su un giornale, ogni testo è un inno, ogni sfogo presente nei testi è un inno, la cultura della parola non si può nascondere sotto un tappeto.
La storia dell’Hip hop bresciano in molti l’abbiamo vissuta sui lisci pavimenti in marmo sotto i portici di piazza Vittoria, da qui si vedeva la vera Brescia, noi, una cozzaglia di ragazzi in cerchio con un boombox che faceva da sottofondo alle evoluzioni dei breakers, a poca distanza, nel freddo, convivevano i barboni che si nascondevano dagli sguardi dei passanti, ed i ricchi borghesi benvestiti che passavano a debita distanza da noi ragazzotti coi pantaloni giganti, vedevi passare i macchinoni e le bici scassate, incrociavi lo sgurdo di emarginati d’ogni sorta e ceto medio vanitoso. C’era il profumo di speranza per i ragazzi che avevano sogni da coltivare, walkman e cuffiete per far sentire le nuove produzioni, esercizi di rime, appuntamenti e scazzi, di tanti di loro rimane solo il ricordo, oggi, passando sotto gli stessi portici della capitale della cultura, ormai vuoti, mi chiedo dove sono finiti tutti? Sia vecchi che giovani, dove sono le idee, la musica, i progetti, i dissing, le jam, le crew… Si sente solo tanto silenzio. Oltre a quella cultura, sembra che dalla città sia sparita anche la polvere da sotto il tappeto.
Dj Beat